Come ogni anno da circa 15 a questa parte, ho seguito il festival del cinema più bello al mondo. Quello dove si decidono le sorti della commedia italiana, dove nascono nuove scritture, nuove sinergie tra attori, registi e produttori tra escursioni in mare, calici sotto le stelle e sabbia sui piedi. Il red carpet bagnato dalle onde che dalle barche conduce alla sabbia dell’isola è il terreno dove germogliano le storie che dopo un anno o due vedremo sul grande schermo.
Anche quest’anno mi porto dentro l’attesa che cali il vento per poterci imbarcare verso l’isola, il cielo stellato in mezzo all’acqua, lo schermo davanti alla Luna e al monte dell’isola, i tramonti sul prato tra un’intervista e un bicchiere di vino.
Al prossimo luglio.
Festival del cinema di Tavolara, il Maestrale firma la regia
Che al Festival del cinema di Tavolara domini la natura, che decide sovrana le sue sorti, si sa. Ma se qualcuno credeva che fosse solo un modo di dire, ieri sera ne ha avuto certezza. Sua Maestà il Maestrale ha decretato che i film sull’isola non potevano essere proiettati.
La prima serata a Tavolara – della ventiseiesima edizione del festival iniziata martedì alla Peschiera di San Teodoro – non si è svolta sull’isola, ma a Porto San Paolo, davanti alle barche con cui attori, registi e ospiti avrebbero dovuto solcare le onde sino al red carpet in mezzo all’acqua. A far dimenticare la delusione c’era il funambolico Lo chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti.
Ad aggirarsi tra gli spettatori uno degli interpreti principali, Luca Marinelli. Vestito di nero dal cappello alle scarpe bucate in suola di corda, il perfido Zingaro del film rivelazione di quest’anno voleva vedere le reazioni del pubblico. Il riscontro è stato lo stesso che lo ha portato a vincere il David di Donatello come migliore attore non protagonista. Un successo. Un trionfo che il suo agente difende a spada tratta selezionando e limitando il più possibile foto e interviste che a noi sono state negate.
Non così per Maria Sole Tognazzi. L’elegantissima figlia dell’istrione della commedia italiana a cui il festival ha dedicato un tributo al Museo Archeologico di Olbia, si è concessa senza limiti per raccontare tutti i retroscena di Io e lei, in cui ha diretto Margherita Buy e Sabrina Ferilli. Ad applaudire la presentazione, diretta da un’esilarante Geppi Cucciari e Piera Detassis – direttrice di Ciak e direttrice artistica del festival – c’era anche Paolo Genovese. Il regista del pluripremiato Perfetti sconosciuti, sbancando nei botteghini con una storia che smaschera le ipocrisie del vivere doppie vite tra social e telefonini, ha ora tutte le porte aperte e si dice pronto per “affrontare il pubblico con la storia in cui credo”.
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Anche Ivan Cotroneo ha presentato una storia in cui crede. Con Un bacio, proiettato dopo il film di Mainetti, il regista ha raccontato il bullismo nelle sue due declinazioni principali: il sessismo e l’omofobia. La morale della storia, alla fine di una serata raffreddata dal vento, è stata chiarissima. Alla base dei conflitti c’è sempre la paura. Per esorcizzarla, il regista napoletano ha regalato un grosso corno in ceramica a Piera Detassis. Il corno è caduto e si è rotto, creando il panico di un anatema che è stato risolto da Cristina Donadio. La perfida Scianel di Gomorra, da brava napoletana, ha sciolto gli imbarazzi con una soluzione: se la rottura porti sfortuna o meno, dipende da come si è rotto. “La punta è intatta, quindi andrà tutto bene”. E infatti il vento è calato e stasera si salpa verso l’isola.