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La sacralità nera delle donne sarde

La 27esimaora del Corriere della Sera ha pubblicato in apertura il mio post sulla sacralità delle donne sarde. Ѐ una precisazione rispetto al bellissimo pezzo di Vittorio Sgarbi su Il Giornale in risposta a Massimo Fini che su Il Fatto Quotidiano ci ha ridicolizzate.

Ho solo un appunto. Sulla chiosa. Sgarbi ha ragione dicendo che, alla scena descritta da Fini, una donna sarda avrebbe risposto col silenzio. Avrebbe detto molte cose con lo sguardo, semmai, ma non certo le cose che Fini dice di aver sentito. Ma non è vero, come dice Sgarbi, che il nero non ci si addice.

Il nero è il nostro (non) colore, invece, perché nera è la Madre Terra feconda dove i semi, nella morte apparente dell’inverno, trovano nutrimento e vita; nera è l’oscurità delle Domus de Janas, dove celebravamo il culto della Grande Dea e la rinascita della vita e della natura dopo la morte; nera è l’ossidiana generata da antichi vulcani nel cuore dell’Isola che scultori sciamani trasformano in Dee Madri; nere sono le Madonne venerate e invise che celebriamo conservando memorie delle antiche Dee perché nere erano anche Lilith e Inanna, amorevoli e terrifiche.

Tutta la dicotomiatra il bene e il male delle oscure e ancestrali Madri splendenti è stata annientata da modelli religiosi e sociali di donne solo buone, luminose e accondiscendenti, ma noi conserviamo una memoria più antica. 

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Foto Cristina Muntoni ritratta da robadanatti.com

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