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Eroina buona o abile stratega? Eleonora d’Arborea come le antiche Dee

Carlo Cattaneo la definì «La figura più splendida di donna che abbiano le storie italiane, non escluse quelle di Roma antica». Eleonora d’Arborea, Giudicessa del Giudicato sardo di Arborea dal 1383 al 1392, ha segnato la storia del diritto italiano e della Sardegna che ne conserva memoria anche in numerosi racconti popolari. La narrazione delle sue gesta, tra storia e leggenda, ha contribuito a costruire il suo mito, descrivendola come un’eroina che si batté per difendere il popolo e la sua indipendenza dalla sovranità catalano-aragonese.

 

Analizzando la sua storia è interessante verificare se sia stata davvero un’eroina buona e senza macchia, come la tradizione popolare la ricorda, o se la sua sia una figura più complessa e, per questo, anche più umana nella sua poliedricità. Una figura che racchiude in sé gli elementi di luce e ombra che la morale dualista ha voluto separare, ma che nelle antiche Dee, al contempo buone e terribili dispensatrici di amore e guerra, trovavano perfetta fusione. Ѐ vero, infatti, che pur avendo altissimi meriti esemplari nell’aver migliorato la vita delle persone, e delle donne in particolare, con le leggi che ha promulgato, dall’altro la Judicissa d’Arborea ha agito anche da implacabile stratega, probabilmente col semplice scopo di ampliare il suo regno e il suo potere.

 

 TRA STORIA E LEGGENDA

 

Si racconta che poco prima che Eleonora nascesse, un’aquila volteggiò sopra il castello e si posò sulla torre più alta, osservando superba e silente la finestra della stanza in cui avveniva il parto. I soldati tentarono di scacciarla, ma non ci riuscirono. Il rapace non volò via sinché la levatrice non annunciò la nascita della figlia di Timbora de Roccaberti e Mariano IV de Bas-Serra d’Arborea (1317 – 1375). Solo quando si sentì levare l’urlo “Ѐ una femmina!” l’aquila si librò maestosa in cielo lanciando un grido acuto, quasi di trionfo. Era il 1340 e il cielo era quello sopra Molins de Rei, in Catalogna. Forse. La data non è certa, i fatti legati alla sua nascita nemmeno, perché per il periodo in cui visse e l’incidenza storica delle sue scelte, maturate in un mondo declinato al maschile, la figura di Eleonora d’Arborea si è tinta sin da subito di tratti leggendari. Quando si parla di lei, il confine tra storia e leggenda non è sempre chiaro. Sappiamo poco del suo privato, della sua educazione, di che vita condusse alla Corte d’Arborea e persino della data della sua nascita. Sappiamo per certo, però, che la Giudicessa fece suo il sogno irredentista del padre Mariano IV di riunire i Giudicati della Sardegna sotto un unico regno, che con le sue scelte ardite influenzò il tessuto politico europeo e che promulgò un corpo di leggi rivoluzionario iniziato dal padre: la Carta De Logu.

 

GIUDICATI

Durante il periodo medievale la Sardegna era divisa in quattro Regni indipendenti: il Giudicato di Torres, di Gallura, di Cagliari e di Arborea. Si trattava di entità statuali autonome governate ciascuna da un Re, o talora una Regina, chiamato Giudice o Giudicessa. A differenza della forma feudale vigente nel resto d’Europa, i Giudicati erano veri e propri Stati sovrani. Avevano un organo politico, composto dai maggiorenti del Regno e alti prelati, che eleggeva il Giudice: la Corona de Logu. La politica di quel periodo in Sardegna era caratterizzata dall’alternanza di alleanze con gli Aragonesi, Pisa e Genova, tese a sfruttare l’Isola come avamposto commerciale del Mediterraneo.

 

FALCO

Quando era ancora una bambina, Eleonora si trasferì in Sardegna alla Corte di Arborea. Il padre Mariano IV, uomo colto e intelligente, venne nominato Giudice dalla Corona De Logu dopo la morte del precedente Giudice, suo fratello Pietro III. Non sappiamo come Eleonora trascorse quei trent’anni in cui il padre governò il Giudicato.

Si dice che avesse come compagno di giochi un falco cacciatore che chiamava in suo aiuto quando giocava a duellare di spada con suo fratello Ugone. Pare anche che amasse addestrare i falchi e che li usasse durante le battute di caccia a cui partecipava regolarmente. Il legame della nobildonna con i falchi è talmente radicato nell’immaginario collettivo che il suo nome è stato dato a uno dei più bei rapaci del Mediterraneo: il Falco Eleonorae. Se questo legame sia solo una leggenda non possiamo saperlo, ma di certo è facile immaginare cosa l’abbia alimentata. Eleonora è stata la prima in Europa, e forse nel mondo, ad emettere una disposizione legislativa a loro tutela (art. 87, de Astores, Carta De Logu), vietando di prendere gli astori e i falchi dal nido, pena una sanzione pecuniaria.

 

CARTA DE LOGU

La Carta de Logu[1] [2](“de logu”, ovvero “del luogo”, è da intendersi come il territorio dove le leggi avevano validità) è un corpus legislativo considerato tra i più importanti del medioevo europeo e mondiale. Ѐ uno dei primi esempi di costituzione al mondo, baluardo unico nell’Europa del Quattrocento della fiera capacità di un popolo di autogestirsi e aggregare Stati con istanze indipendentiste contro l’avanzare del dominio Catalano-Aragonese, proponendosi di costruire una nazione sarda sotto l’egida dell’albero deradicato quale era lo stemma arborense.

La Carta de Logu è scritta in lingua sarda, non in latino, perché destinata al popolo, passando attraverso le curatorias (unioni di comuni,) e le biddas (comuni) con la mediazione dei majorales (figura simile ai sindaci). Ordinava e regolamentava diverse tematiche, dai matrimoni, agli stupri, dalla gestione degli animali, al patrimonio boschivo, dagli orti alle vigne, dai falegnami agli agricoltori. La sua prima stesura fu redatta da Mariano IV, poi modificata dal figlio Ugone II e infine da Eleonora d’Arborea nella seconda metà del 1300. Le leggi e i princìpi che contiene sono estremamente all’avanguardia per i tempi. Dalla sua analisi si desume ad esempio che non esistevano i servi della gleba che allora erano ovunque presenti in Europa. Nei giudicati non esisteva feudalesimo e le ultime forme di servitù furono abolite da Mariano IV. Le tasse venivano pagate “donniunu segundu sa força issoru” (ognuno secondo le proprie capacità) in tempi in cui il popolo pagava le decime al feudatario e alla Chiesa. Particolarmente interessante la disposizione in ordine al matrimonio riparatore: dopo aver subito una violenza, la donna poteva rifiutarsi di sposare il criminale, come invece era comunemente costretta a fare per salvare la sua reputazione. Al contrario, era tenuta a ricevere un indennizzo economico e la dote in modo da conservare la sua libertà ed essere messa nelle condizioni di decidere del proprio futuro. Per comprendere la rilevanza di questo disposto, basti pensare che nel resto d’Italia per veder legittimati questi princìpi bisogna attendere la metà del secolo scorso.

I Catalani, che succedettero agli Aragonesi nel dominio della Sardegna, resero omaggio all’opera della Giudicessa legislatrice estendendo la giurisdizione in cui era applicata la Carta de Logu a tutta l’Isola, conservandola in vigore per secoli, fino alla sostituzione con il Codice di Carlo Felice (il 16 aprile 1827).

 

 VITA

Mentre Eleonora cresceva, suo padre consolidò una politica di indipendenza della Sardegna rispetto ai sovrani di Barcellona. Il suo progetto era quello di rompere ogni alleanza esterna e unificare il territorio sotto il suo potere consolidando le sorti della sua potente casata. Non è un caso che nel 1376 Eleonora si sposò con Brancaleone Doria, appartenente a una potente famiglia genovese tradizionalmente antiaragonese che controllava vasti territori della Sardegna nordoccidentale. Il matrimonio, come era normale a quei tempi, era stato organizzato dal padre come un tassello preciso del suo piano politico.

È curioso che, in quell’epoca e per il suo rango, Eleonora a circa 36 anni non fosse ancora sposata. Si dice che il motivo fosse…

  CLICCA QUI per leggere il resto della storia che ho pubblicato in un PDF illustrato che puoi anche scaricare su Academia.edu 

 

 

[1] Francesco Cesare Casula, La Carta de Logu del Regno d’Arborea, C. N. R., Cagliari 1994

 [2] https://docplayer.it/58384717-Eleonora-d-arborea-carta-de-logu.html

 

 

 

 

 

 

 

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