Si racconta che quando Eleonora d’Arborea stava per nascere un’aquila volteggiò sopra il castello di famiglia e si posò sulla torre più alta. I tentativi dei soldati per scacciarla furono vani. Il rapace rimase silente, a osservare la finestra della stanza in cui avveniva il parto. Solo il grido della levatrice, che annunciava la nascita della figlia di Mariano IV de Bas-Serra d’Arborea, indusse l’aquila a librarsi maestosa in cielo con un grido acuto, quasi di trionfo.
Era il 1340 e il cielo era quello sopra Molins de Rei, in Catalogna. Forse. La data non è certa, i fatti nemmeno, perché per il periodo in cui visse e l’incidenza storica delle sue scelte, la figura di Eleonora d’Arborea si è tinta sin da subito di tratti leggendari. Quando si parla di lei, il confine tra storia e mitologia non è sempre chiaro. Sappiamo poco del privato, dell’educazione, della vita che condusse alla Corte d’Arborea e persino della data di nascita. Sappiamo per certo, però, che la Giudicessa fece suo il sogno irredentista del padre: riunire i Giudicati della Sardegna sotto un unico regno.
Clicca qui per continuare a leggere (nel mio articolo per La Donna Sarda) la storia di una donna che dominò in un sistema giudicale declinato al maschile, che emanò un corpus legislativo rivoluzionario e che, al di là di ciò che ci è stato tramandato, forse fu una Lady Macbeth ante litteram.